«#illavorodieducare»: nuovo appuntamento con le voci degli educatori. Il tema è il lavoro educativo: in cosa consiste? quali sono gli obiettivi? che ruolo ha nella nostra società? Un approfondimento per delineare i confini di un lavoro di cura multiforme chiamato ad adattarsi a un contesto in continua evoluzione.

Prendersi cura della crescita delle persone è una responsabilità: c’è molto di più del desiderio di professionalità nelle parole di Karina Nieves, ciò che vibra tra le righe è la sensazione che ogni atto può influire realmente sulla vita delle persone tanto che lei stessa dice «sento che si può uscire dalla sofferenza e vivere una vita degna di essere vissuta».

Questa rassegna di interviste e articoli ha l’obiettivo di essere un’occasione di riflessione e racconto. Chi desidera partecipare inviando commenti e riflessioni su quanto pubblichiamo o ha voglia di porre domande e interrogativi può scriverci a editoria@futuracoopsociale.it

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Karina Nieves è psicologa e lavora come responsabile dei Percorsi Disabilità presso la cooperativa sociale Futura e da poco come libera professionista. Specializzata in terapia cognitivo-comportamentale, conduce un gruppo di mindfulness presso il Centro di Salute Mentale di San Vito.

Che tipo di lavoro è quello dell’educatore? Da psicologa come ti ci sei avvicinata?
Partiamo da un principio di base: ogni persona, nella mansione che esercita, ha una gran responsabilità. Questo vale per tutti, di certo, però, questo vale in modo particolare per alcuni lavori. Tra questi c’è proprio l’educatore: ovvero quel professionista che si prende cura della persona facilitandone il processo di crescita. Cosa implica questa responsabilità? Ne consegue che per favorire il processo di crescita l’educatore é chiamato a crescere continuamente lui stesso, a evolvere attingendo sempre a nuovi strumenti: aggiornarsi sulle nuove normative, metodologie e tecniche di lavoro in modo da progettare con efficacia interventi mirati per il raggiungimento di obiettivi prestabiliti.  Prima ancora, è importante che lui stesso sappia lavorare in sinergia con l’altro: gli altri professionisti del settore e le famiglie in modo da creare un progetto pensato per la persona che definisca obiettivi concreti, misurabili e capace di rispondere a un bisogno e interesse personale.

Partiamo da un principio di base: ogni persona, nella mansione che esercita, ha una gran responsabilità. Questo vale per tutti e in modo particolare per alcuni lavori. Tra questi c’è proprio l’educatore.
– Karina Nieves, responsabile Percorsi Disabilità

L’apertura alla crescita e all’evoluzione è forse il principio base a cui si deve ispirare l’educatore. Io stessa mi sono avvicinata a questo lavoro proprio grazie al fatto che ho saputo resistere alla tentazione di stare al sicuro e non cambiare. Prima di fare questo lavoro, infatti, io non sapevo niente della cooperazione sociale: sono nata in Perù, dove sono cresciuta e ho studiato e dove ho lavorato per alcuni anni come psicologa del lavoro in un’azienda multinazionale. A quell’epoca mantenevo fede alla promessa che mi ero fatta alla fine dell’università: non avrei mai lavorato con persone con problemi mentali importanti. Avevo avuto una brutta esperienza all’interno di un manicomio durante un tirocinio lavorativo che mi aveva allontanato completamente da questo ambito. Dopo essermi trasferita in Italia, un giorno trovai nella buca delle lettere del mio appartamento a Trento un dépliant in cui si descriveva le attività lavorative nel settore del sociale: mi incuriosì e incominciai a cercare informazioni. Non aspettai molto: il giorno dopo mi presentai in una cooperativa sociale presente in città e subito mi diedero da gestire un appartamento con pazienti psichiatrici. Avevo tanta paura, ma allo stesso tempo sentivo di voler provare, così mi lanciai. In quel momento iniziò la mia esperienza con la disabilità che cambiò completamente il mio modo di vedere questo mondo: mi innamorai del mio lavoro, scoprii di essere brava e nonostante gli utenti avessero anche delle crisi importanti, mi accorsi che la paura stava in poco tempo scivolando via. Nel 2008 mi trasferii, insieme alla mia famiglia, a San Vito: prima mi presentai alla Nostra Famiglia, dove feci un’esperienza con bambini autistici, infine nel 2009 iniziò la mia avventura con Futura. E da qui non mi sono più mossa.

Avevo tanta paura, ma allo stesso tempo sentivo di voler provare, così mi lanciai. In quel momento iniziò la mia esperienza con la disabilità che cambiò completamente il mio modo di vedere questo mondo: mi innamorai del mio lavoro.
– Karina Nieves, responsabile Percorsi Disabilità   

In quali attività consiste il tuo lavoro e come si legano le attività che compi con l’obiettivo finale?Il mio ruolo è molto intenso e vario. Mi confronto spesso con gli educatori per i progetti degli utenti, per esempio sulle strategie d’intervento per incrementare le abilità o per decrementare i comportamenti problematici, sulla definizione di obiettivi utili, che rispondano a un bisogno della persona o della famiglia, ecc. Sono in contatto costante con i servizi e i familiari sia per l’avviamento di un nuovo inserimento sia per le verifiche o altre richieste. Partecipo, inoltre, ai gruppi di lavoro per confrontarci sull’andamento di ogni percorso, su progetti nuovi, su aspetti finanziari, sostenibilità e qualità delle nostre attività.

Tutti hanno bisogno di colmare i propri dubbi, le ansie, le paure. La nostra fortuna è di essere un’equipe di lavoro con una grande vocazione: oltre alla professionalità, tutti sono in grado di dare sostegno alla persona in condizione di vulnerabilità.
– Karina Nieves, responsabile Percorsi Disabilità

Il Covid ha portato un grande incremento di lavoro: abbiamo dovuto attuare tantissimi cambiamenti interni in poco tempo e soprattutto gestire un’emotività importante da parte dei nostri ospiti e delle famiglie. Tutti hanno bisogno di colmare i propri dubbi, le ansie, le paure. La nostra fortuna è di essere un’equipe di lavoro con una grande vocazione: oltre alla professionalità, tutti sono in grado di dare sostegno alla persona in condizione di vulnerabilità. Proprio questa dedizione è ciò che porta alla soddisfazione di vedere che le persone con disabilità stanno bene, i famigliari ci dimostrano fiducia suggerendo anche a conoscenti il nostro centro e i servizi ci conoscono sempre meglio presentandoci nuovi utenti bisognosi di scoprirsi.

Come si coniuga la tua formazione di psicologa con l’attività di educatrice?
Da sempre ho avuto la predisposizione per affrontare l’aspetto emotivo delle persone. Proprio con questo obiettivo abbiamo creato diversi laboratori specifici: gruppo Emozioni, Confrontiamoci, Sosteniamoci, ecc. Sento che, adesso più che mai, si sta capendo anche a livello istituzionale l’importanza di non tralasciare l’aspetto psicologico ed emotivo che più di altri influenza il raggiungimento di una vera qualità di vita. La mia formazione come psicologa rafforza il lavoro educativo: tante volte mi ritrovo a lavorare con la persona con disabilità su aspetti che riguardano la gestione dello stress e portando avanti interventi per migliorare la gestione delle emozioni. A volte abbinando programmi per migliorare l’autocontrollo e l’impulsività oppure training assertivo o abilità sociali con apprendimenti che prevedono anche tecniche comportamentali come il modelling, role playing, feedback, ecc.

Sento che si può uscire dalla sofferenza e vivere una vita degna di essere vissuta. A volte, però, senza un aiuto si può affondare ancora di più dentro la prigione della mente, o come scrive Edith Eger nel suo libro “La scelta di Edith” nel peggior campo di concentramento, quello dentro di noi.
– Karina Nieves, responsabile Percorsi Disabilità

Altre volte il lavoro consiste nel rafforzare il concetto di sé o nel raggiungere una maggiore consapevolezza: per questo ho approfondito l’uso di pratiche che hanno una sempre maggiore evidenza scientifica come, per esempio, la mindfulness. Sono strumenti e strategie che possono aiutare nella gestione dello stress. Siamo di fronte a un aumento del disagio psicologico: gli effetti della pandemia si vedranno con il tempo, ma già ora si incomincia a intravedere tanta sofferenza. È con questi pensieri in testa che, proprio in questo periodo, stiamo preparando un progetto per rispondere a questo bisogno d’aiuto, con professionalità e disponibilità. Sento che si può uscire dalla sofferenza e vivere una vita degna di essere vissuta. A volte, però, senza un aiuto si può affondare ancora di più dentro la prigione della mente, o come scrive Edith Eger nel suo libro “La scelta di Edith” nel peggior campo di concentramento, quello dentro di noi. Libertà e guarigione iniziano quando impariamo ad accettare il dolore.

Ti chiedi mai quanto è “visibile” il tuo lavoro: dai colleghi? dai tuoi familiari? dalle famiglie e dalle istituzioni?
Direi una bugia se dicessi che mi chiedo questo.  Per mia natura, mi lancio in avanti senza soffermarmi a pensare troppo a queste cose, perchè ritengo che, il più delle volte, vengano da sole. Per esempio, se vedi una certa armonia e un clima positivo attorno a te, oppure quando qualcuno ti riconosce il lavoro svolto o un collega ti chiede un suggerimento o confronto su un intervento: sono queste le cose che mi rendono soddisfatta.

A me basta essere convinta di ciò che faccio per andare avanti con passione. Non mancano mai sono i gesti di riconoscenza da parte di genitori e istituzioni e ancora di più delle persone inserite nei nostri percorsi che ti fanno capire, con gesti o parole, la propria riconoscenza.
– Karina Nieves, responsabile Percorsi Disabilità

A casa, con la mia famiglia, abbiamo l’abitudine di raccontarci come passiamo la giornata, io racconto tanto del mio lavoro, anche quando le cose non vanno proprio per il verso giusto, penso che vada bene dirlo, non tutto nella vita va dritto e mi piace farlo sapere così ai miei figli, con la naturalezza dell’accettazione. Possono vedere che la vita è fatta anche di fatiche, ma alla fine ci si possono trovare grandi soddisfazioni da condividere insieme. A me basta essere convinta di ciò che faccio per continuare ad andare avanti con passione. E comunque a non mancano mai sono i gesti di riconoscenza da parte di genitori e istituzioni e ancora di più delle persone inserite nei nostri percorsi che ti fanno capire, con gesti o parole, la propria riconoscenza: questo riempie l’anima e ti dà la forza e motivazione per continuare a crederci

Negli anni Futura ha vissuto grandi trasformazioni e il Covid ha dato un’ulteriore accelerata: quali saranno i cambiamenti che il lavoro degli educatori è chiamato ad affrontare?
In effetti, i cambiamenti non sono mai mancati in cooperativa: dal lontano 2009, quando sono arrivata, ed eravamo ancora nella cassetta di legno di via Savorgnano fino alla nuova sede, bella e moderna, all’interno della zona industriale ponte rosso. Siamo cresciuti molto e continuiamo a crescere nonostante il colpo inferto dalla pandemia. Personalmente mi sento portata per i cambiamenti: e, per fortuna, perché con tutto ciò che stiamo vivendo credo che se non ci si adatta velocemente si rischia di non riuscire a salire sul treno delle occasioni. Se è vero che le sfide che la società ci porta ad affrontare sono importanti, è altrettanto vero che noi di Futura abbiamo il dono di riuscire a vedere il futuro. La progettazione per percorsi, per esempio, lo dimostra: questa nuova struttura ci aiuta a organizzarci meglio a livello di risorse, di presa in carico, di seguimento del progetto, di definizione di metodologie, strumenti, formazione mirata, ecc. Ci abbiamo lavorato parecchio e adesso siamo in pieno work in progress per dare sempre più forma agli altri percorsi.

Se è vero che le sfide che la società ci porta ad affrontare sono importanti, è altrettanto vero che noi di Futura abbiamo il dono di riuscire a vedere il futuro.
– Karina Nieves, responsabile Percorsi Disabilità

Io sono convinta che il lavoro nell’ambito dei servizi alla persona vedrà un aumento: riceviamo molte richieste e dovremo essere in grado di incastrare tutte le necessità mantenendo un equilibrio.  Anche a livello di strumenti e modelli per la disabilità, dovremo essere sempre aggiornati e formati per poter affrontare con professionalità il nuovo. In questo gli educatori e tutto il personale è chiamato a una grande flessibilità, per adattarsi ai cambiamenti e per portare idee capaci di migliorare la nostra comune convivenza.

Leggi le altre interviste della rassegna #illavorodieducare:
Michele Ervoni: «L’educatore lotta per un mondo migliore» 
Julieta Iglesias: «Alla scoperta del potenziale delle persone»
– Marco De Sibio: «Il sogno è che la persona possa fare a meno di noi»
– Denise Zanussi: «Diamo una possibilità al potenziale di ogni persona»
– Manuele Boraso: «Mediatori di mondi»


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