Nonostante la grave disabilità, a 52 anni A. ha potuto andare a vivere da solo: Una nuova esperienza di domiciliarità. «È necessario lavorare con le risorse disponibili e trovare la soluzione con le esigenze del singolo»

“Vado a vivere da me”: è quello che ha pensato A., un utente di 52 anni del percorso disabilità di Futura che, proprio come recita il titolo dello spettacolo teatrale messo in scena dalla cooperativa nel 2014, ha potuto finalmente andare a vivere da solo e avviare così il proprio progetto di autonomia. Nonostante le gravi difficoltà date dalla disabilità, Futura ha costruito un progetto di housing sociale – la cosiddetta domiciliarità – che venisse incontro alle esigenze di vita di A. e della famiglia. «Era tanto tempo che la famiglia stava manifestando la necessità di avere un supporto per il figlio. – spiega Donatella Jus, responsabile del servizio di domiciliarità – Con l’avanzare dell’età questo bisogno si è fatto via via più acuto accrescendo, però, anche la consapevolezza della necessità di un equilibrio che tenesse conto di vari fattori. Non solo vitto, alloggio e assistenza, ma anche le aspettative di A., la relazione con la famiglia, la fatica del distacco che va accompagnato e confortato».

Dopo un periodo di transizione ed esperienze propedeutiche, e nonostante lo stop imposto dall’emergenza Coronavirus, lo scorso mese A. è finalmente entrato nella sua nuova casa: un appartamento, in posizione centrale, sempre seguito da una badante e da educatori che ne supportano l’autonomia e il benessere psico-fisico. Futura cura il coordinamento di tutti gli attori in campo e la gestione logistica della casa (vitto, alloggio, utenze, ecc). I costi sono a carico della famiglia, ma sono in corso delle verifiche per capire se è possibile utilizzare fondi di sostegno per agevolare e rendere sostenibile questa esperienza.

Non solo vitto, alloggio e assistenza, ma anche le aspettative di A., la relazione con la famiglia, la fatica del distacco che va accompagnato e confortato.
– Donatella Jus, responsabile servizio domiciliarità

In foto: un gruppo sperimenta l’autonomia abitativa

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«Il progetto di A. – prosegue Donatella Jus – è sia un punto di arrivo sia una partenza. Si tratta di un’area di intervento in cui è necessario ragionare in modo flessibile e mettendo come obiettivo il benessere e l’equilibrio delle persone coinvolte. Non c’è un modello che va bene per tutti, è necessario, invece, lavorare con le risorse disponibili e trovare la soluzione con le esigenze del singolo». Il rispetto dell’individualità, infatti, è il principio su cui si fondano tutti i progetti di Futura: «Per questo – prosegue Jus che è stata anche presidente della cooperativa – ci siamo strutturati in percorsi: ventagli di offerta di servizi, proposte, laboratori, dove la cosa importante non è tanto quello che noi facciamo, ma quello di cui la persona ha bisogno. Quello che possiamo definire il nostro “core business”, infatti, è il benessere, il senso di realizzazione delle persone, la loro felicità personale e sociale, il sostegno al loro percorso di autonomia. Dobbiamo ricordarci che questi percorsi, in realtà, sono prima di tutto storie di vita».

I percorsi sono ventagli di offerta di servizi, proposte, laboratori, dove la cosa importante non è tanto quello che noi facciamo, ma quello di cui la persona ha bisogno. In realtà, sono prima di tutto storie di vita.
– Donatella Jus, responsabile servizio domiciliarità

Futura, da ormai 10 anni, lavora sul fronte della domiciliarità con diversi progetti e una struttura basata su tre modalità operative a cui la cooperativa ha dato anche delle definizioni specifiche:

  1. Domiciliarità supportata: progetti che hanno l’obiettivo di mantenere la persona a casa con la propria famiglia oppure da sola, se le condizioni lo rendono possibile; l’obiettivo è permettere questa modalità di vita grazie a una rete di soggetti che supportano il percorso (educatore, amministratore di sostegno, assistenti domiciliari, vicinato solidale ecc.);
  2. Domiciliarità responsabile: progetti che coinvolgono famiglie di accoglienza che si allargano per includere nel proprio nucleo, in forma sperimentale, temporanea o stabile, persone fragili che non possono o vogliono vivere da soli e che non possono o vogliono entrare in una comunità o istituto.
  3. Domiciliarità condivisa: si tratta di progetti di coabitazione tra persone che intendono convivere e che si mettono in sinergia, supportati dal coordinamento della cooperativa, è il caso dei gruppi appartamento.

Il nuovo progetto avviato dalla cooperativa ha rinforzato la volontà di offrire soluzioni abitative di carattere sociale in cui condividere le risorse a disposizione, i costi da sostenere e le esigenze degli individui da soddisfare e da incastrare. «In questo momento – conclude Jus – stiamo cercando un’abitazione dove sviluppare questi progetti e in cui poter abbattere i costi. L’idea è di favorire esperienze di domiciliarità condivisa, i cosiddetti gruppi appartamento, che consentono di dare risposte adeguate a più persone. Abbiamo bisogno, in particolare, di una casa senza barriere architettoniche così potremo ospitare più agevolmente, e senza ulteriori spese, persone in carrozzina o con difficoltà di deambulazione».

In foto: una scena dello spettacolo teatrale “Vado a Vivere da Me”, 2014