Una riflessione sul futuro dei servizi alle persone fragili: parliamo di percorsi, perchè un luogo non è garanzia di benessere. È la fine dei centri diurni? O una trasformazione più ampia che, anzi, li apre al territorio e lascia che la comunità entri nelle strutture? Se non ci sono più i confini fisici, è tempo di rendere protagoniste le persone: cosa vogliono, di cosa hanno bisogno, dove vogliono andare, quali sogni possono portare la serenità.
Ne parla Donatella Jus, responsabile Percorsi Svantaggio, ex presidente della cooperativa e ideatrice dei percorsi di Futura.
Da un po’ di tempo a Futura sentiamo parlare di Percorsi. Ma di cosa si tratta, precisamente?
Spiegare la piccola-grande rivoluzione che “i Percorsi” rappresentano nella nostra vita lavorativa è più facile se raccontiamo come sono nati.
Non c’è bisogno di un nuovo centro diurno. Quello che, invece, ci sembra utile era fornire un ventaglio di possibilità, di facilitazioni, di training, di contesti, di opportunità, di cose da fare e cose da fare dopo aver fatto altre cose.
– Donatella Jus, responsabile percorsi svantaggio ed ex-presidente di Futura
Tutto è iniziato con il Progetto Post Trauma, chiamato anche Disabilità Acquisita. Ragionando sulle problematiche delle persone con esiti da trauma, ci siamo resi conto che la cosa di cui non c’era affatto bisogno era un “servizio semi residenziale”, cioè un centro diurno, dedicato a loro. Quello che invece ci sembrava utile era fornire un ventaglio di possibilità, di facilitazioni, di training, di contesti, di opportunità, di cose da fare e cose da fare dopo aver fatto altre cose. Avevamo bisogno di fornire una grande flessibilità nell’offerta e che in questo modo ciascuna persona potesse costruirsi il “suo” percorso sulla base delle “sue” esigenze specifiche. Il compito di Futura sarebbe stato quello di costruire il contesto adatto. Ciò dal punto di vista lavorativo, formativo, osservativo, esperienziale, abitativo, di socializzazione, di espressione personale, artistica, ludica, creativa, sportiva, ecc.
Questo, però, non era sufficiente. Bisognava anche garantire la possibilità di “raggiungere” il contesto adatto. Questo non significa solo il “trasporto”, ma il supporto educativo e di training specifico dove esso è necessario: a casa, in fabbrica, in fattoria, nei laboratori di Futura, in palestra. Ovunque. Perciò ci siamo accorti che non avevamo tanto bisogno di un luogo dove far accadere delle cose (un posto, quando serve, lo si trova). Piuttosto avevamo bisogno di rendere possibile che le cose accadessero. Il nostro compito di operatori sociali è quello di rendere possibile lo sviluppo di processi di cui ciascuna persona è protagonista. Si tratta di processi che una persona vuole, di cui ha bisogno o desiderio oppure che semplicemente sono utili al suo benessere e a quello della sua famiglia.
Questa “cosa” l’abbiamo chiamata “Percorsi”.
È stato un po’ come passare da un menu predeterminato, a un’offerta a la carte. Scelgo quello che desidero, quello che mi piace, quello che mi sta bene, che mi serve.
– Donatella Jus, responsabile percorsi svantaggio ed ex-presidente di Futura
Abbiamo, quindi, strutturato per le Persone con Disabilità Acquisita un ventaglio di offerte di possibilità, di progetti che si possono fare o facilitare attraverso un intervento da parte di Futura. Abbiamo sminuzzato e parcellizzato gli interventi in modo che l’offerta fosse ri-componibile. È stato un po’ come passare da un menu predeterminato, a un’offerta a la carte. Scelgo quello che desidero, quello che mi piace, quello che mi sta bene, che mi serve. Certo, sembra una banalità, me ne rendo conto. La questione non è affatto sottile. È, direi, grossolana, ma ha profondamente a che vedere con il modo in cui noi operatori del sociale di fatto lavoriamo da molti anni, soprattutto con riferimento alla disabilità. Strutturiamo servizi, e per renderli migliori li strutturiamo ancora di più, nel renderli accoglienti, avanzare proposte accattivanti, produrre progetti e documentazione che rendano visibile tutto il grande lavoro che educatrici e educatori svolgono quotidianamente. Quello che succede è che il servizio (che è quello per cui ci pagano) viene prima delle persone per cui lavoriamo. Non è che della persona non ci importi. Anzi! E’ che, semplicemente, “tecnicamente” viene dopo.
È proprio per questo che lavorare per percorsi rappresenta una specie di piccola rivoluzione copernicana. Non è più la Terra (il servizio) che sta ferma e i pianeti, il sole (le persone) che ci girano attorno. La Terra… eppur si muove!: il servizio semiresidenziale, altrimenti detto “centro diurno”, ruota, si smonta, si articola, si apre e si modifica, gira attorno alle persone e alle loro famiglie.
È proprio per questo che lavorare per percorsi rappresenta una specie di piccola rivoluzione copernicana. Il servizio semiresidenziale, altrimenti detto “centro diurno”, ruota, si smonta, si articola, si apre e si modifica, gira attorno alle persone e alle loro famiglie.
– Donatella Jus, responsabile percorsi svantaggio ed ex-presidente di Futura
Al di là degli slogan d’effetto stile “la persona al centro” che oggi si usano anche nella pubblicità delle banche e delle compagnie di fornitura elettrica, fino ad ora, nella pratica quotidiana, al centro abbiamo messo la struttura, il servizio, la scatoletta in cui si fanno le cose, oppure anche il salvadanaio dal quale arriva il denaro per pagare un certo servizio. Talvolta siamo molto preoccupati di usare il salvadanaio con l’etichetta giusta, piuttosto che della coerenza tra progetto personalizzato e bisogno autentico della persona.
Questo problema che percepiamo noi a Futura non è solo nostro. È un problema generale, diffuso: provinciale, italiano, mondiale. L’OMS dà moniti potenti sulla centralità e i diritti della persona disabile e della sua famiglia. (cfr. Convenzione sui diritti delle persone con disabilità). Per quanto riguarda la nostra comunità di lavoro territoriale-regionale ci rendiamo conto che non è facile per gli stessi legislatori, funzionari e amministratori pubblici, uscire dalle logiche capziosamente autoreferenziali che sono legate alla legislazione vigente e alla organizzazione burocratica esistente, che però si stanno inesorabilmente modificando. Le questioni, qui, da grossolane diventano sottili: sono dettagli criptici di voci di bilancio, incroci di leggi che mal si conciliano, procedure amministrative che non è facile modificare. La rivoluzione necessita di opportuni aggiustamenti burocratici, che richiedono tempo e decisioni.
Una volta compresa l’opportunità di cambiare il punto di vista dal quale era giusto guardare il mondo, è stato evidente che questo modello poteva funzionare non solo per le persone con Disabilità Acquisita. Poteva funzionare per tutti.
– Donatella Jus, responsabile percorsi svantaggio ed ex-presidente di Futura
Per quanto riguarda Futura, è stato più facile. Una volta compresa l’opportunità di cambiare il punto di vista dal quale era giusto guardare il mondo, è stato evidente che questo modello poteva funzionare non solo per le persone con Disabilità Acquisita. Poteva funzionare per tutti. Per caratterizzare metodologicamente gli interventi, per i riferimenti teorici differenti, e anche per la necessità di suddividerci il lavoro, abbiamo differenziato i percorsi in rami diversi. Così sono nati i Percorsi Disabilità, Disabilità Acquisita, Salute Mentale, Nuove opportunità. Ciascun gruppo di Percorsi ha un suo coordinatore, che è supervisore e referente della progettazione. Non è tutto scivolato senza problemi. Ci sono ancora tanti aspetti da aggiustare, zone d’ombra, confini non ben marcati da tracciare. Ma la strada è tracciata e il giusto cammino – o percorso! – è avviato.
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