Da un counsellor professionista, una riflessione sul perché questo tipo di counselling si chiama “drammaturgico”. È come in un film o a teatro, tutto può accadere se decidi tu come fare la regia. Capita anche di risolvere i problemi e stare, finalmente bene. Tutto in poco più di un’ora, proprio come nei film.

A cura di Manuele Boraso, counsellor e vicepresidente della cooperativa sociale Futura.

Cos’è il counselling drammaturgico? Tanti non hanno il coraggio di farmi questa domanda, ma gli si legge negli occhi che non hanno capito bene di cosa si tratta io quando dico che ho fatto la scuola triennale di Counselling Drammaturgico. In effetti relativamente in pochi sanno cos’è, e finché non lo provi non è nemmeno semplicissimo far comprendere la sua utilità e soprattutto l’efficacia. Eppure se avessero sperimentato che quel tipo di counselling in un’ora può offrire strategie e soluzioni per affrontare problemi di qualsiasi natura, scommetto lo userebbero spesso e ne suggerirebbero l’utilizzo a un sacco di amici.

Parlo di problemi, non a caso: il counsellor lavora insieme al cliente sul problema, e non sulla psicologia della persona. Non gli interessa indagare nella vita del cliente, non sarà mai uno strizzacervelli, e non lavora perché il cliente cambi se stesso o le proprie idee sul mondo. Alle persone che hanno problemi da risolvere spesso non piace che si indaghi nella realtà della loro vita privata. Per questo il counsellor lavora sul ciò che il cliente vuole condividere, e non va oltre. Per questo è pratico, è pragmatico, e consegna risposte che possono diventare subito azioni concrete: va bene per chi vuole davvero risolvere un problema, nel privato, nel lavoro, o deve affrontare una scelta, un problema tecnico o relazionale. Il counsellor con le sue competenze è in grado di capire la natura del problema, suddividerlo, smontarlo, renderlo più chiaro e affrontabile per il cliente, e poi è in grado di aiutare il cliente stesso a far emergere le competenze, le possibilità e le azioni utili ad affrontarlo e risolverlo. Tutto questo spesso in uno o 2 colloqui di un ora: non è male come tempistica, vero?
Sì, direte, ma perché counselling “drammaturgico”? Perché la nostra scuola si basa su un metodo che ha fondamenti nella scrittura teatrale e cinematografica. In pochissime parole, nella fase di analisi e risoluzione del problema avviene che counsellor e cliente diventano autori a 4 mani di una storia che porterà il protagonista del racconto (l’alter ego del cliente) dalla situazione problematica alla situazione desiderata e concordata con il counsellor. Direte: perché questo escamotage, perché questa finzione? Provandolo, sperimenterete che quando counsellor e cliente si mettono “alla pari” e spostano l’attenzione su un personaggio “terzo”, cadono molte barriere psicologiche e il cliente ha più libertà e stimoli per portare materiale utile alla soluzione del problema, mentre il counsellor potrà fare le sue osservazioni e dare i suoi contributi senza che questi diventino una scelta forzata a cui il cliente si adegua senza avere il coraggio di dire che per lui, quelle proposte, non funzionano. I 2 interlocutori contrattano proposte e controproposte, osservazioni e perplessità, finché non verrà trovata la strada che per il counsellor deve apparire verosimile e possibile, e per il cliente applicabile nella sua realtà. In ogni caso il counsellor non imporrà nulla: sarà il cliente a mettere il timbro finale sulla strategia che meglio risponde alle sue esigenze e alla sua prospettiva.
Non c’è limite ai problemi che il counsellor può affrontare, perché il professionista ha anche gli strumenti per aiutare il cliente a capire se il problema può essere affrontato con il counselling o se invece va sottoposto ad altri professionisti come psicologi, psicoterapeuti, medici, avvocati, tecnici di varia natura, ecc.

Manuele Boraso
manueleboraso@futuracoopsociale.it
Counsellor, Vicepresidente e responsabile del personale di Futura